Con l’obiettivo di allineare ai principi comunitari il trattamento IVA delle prestazioni di chirurgia estetica, l’art. 4-quater del DL 145/2023 ha previsto che il regime di esenzione IVA (art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72) trovi applicazione anche con riguardo alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona, a condizione però che le stesse non abbiano finalità meramente cosmetiche, ma siano volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, del paziente; la norma prescrive, inoltre, che tali finalità terapeutiche debbano risultare da apposita attestazione medica, in assenza della quale troverà applicazione l’IVA, con l’aliquota ordinaria del 22%.

In merito al soggetto deputato al rilascio della predetta attestazione, in assenza di chiarimenti ministeriali sul punto, si ritiene che quest’ultima possa essere innanzitutto prodotta dallo stesso chirurgo estetico che ha effettuato l’intervento, il quale, nell’attestazione stessa, potrà richiamare (previo consenso anticipato del paziente) gli estremi dell’eventuale documentazione in precedenza redatta dal medico specialista (ad esempio il dermatologo, l’otorinolaringoiatra, l’oculista, lo psicologo, etc.) presso cui il paziente si è rivolto, al fine di individuare la patologia rimossa grazie all’intervento di chirurgia estetica; di tale certificazione medica è opportuno che il chirurgo estetico tenga copia, considerato che, anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali precedenti, grava sul soggetto passivo (il chirurgo) l’onere di provare la sussistenza dei requisiti, oggettivi e soggettivi, per usufruire del regime di esenzione (cfr. Cass. n. 26906/2022 e Cass. n. 6572/2022).

Sul tema, occorre, però considerare che solitamente i rapporti amministrativi con i pazienti vengono gestiti direttamente dalle strutture sanitarie private presso cui viene eseguito l’intervento, le quali si occupano anche del ritiro e della conservazione delle eventuali certificazioni mediche rilasciate ai pazienti stessi dai medici specialisti in precedenza consultati.

In questo caso, sarà chiaramente necessario che copia delle predette certificazioni venga messa a disposizione del chirurgo estetico, non solo per evidenti ragioni sanitarie, ma anche per consentire a quest’ultimo di applicare il corretto regime IVA in sede di fatturazione, e di predisporre la relativa attestazione medica, con il puntuale richiamo agli estremi delle certificazioni stesse.

Soffermandoci ora sulla disciplina fiscale applicabile ai rapporti economici intercorrenti tra la struttura sanitaria e i pazienti ricoverati, qualora quest’ultima operi in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale, stando al tenore letterale dell’art. 10 comma 1 n. 19) del DPR 633/72, si potrebbe considerare che l’intero corrispettivo addebitato per le prestazioni di ricovero e cura possa beneficiare dell’esenzione da IVA, a prescindere dalle finalità (curative o meno) dell’intervento di chirurgia estetica.

In questo senso sembrerebbero deporre, da un lato il contenuto dell’art. 4-quater, che letteralmente non introduce limitazioni al regime di esenzione previsto per gli enti convenzionati di cui al citato art. 10 comma 1 n. 19) del DPR 633/72, dall’altro i recenti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 211/2024), che ricomprendono nella nozione di “ricovero e cura” la messa a disposizione della sala operatoria, anche in assenza degli scopi terapeutici sopra richiamati; ne deriverebbe, pertanto, che qualora il corrispettivo per la predetta attività (ricovero e cura) includa, oltre ai diritti di sala (e relativi accessori, tra i quali i farmaci), anche il costo dell’intervento chirurgico, l’intero importo addebitato dalla struttura convenzionata al paziente dovrebbe godere del regime di esenzione IVA (art. 10, n. 19), a prescindere dalle modalità di fatturazione applicate dal chirurgo estetico nei confronti della struttura stessa (esenzione IVA o imponibilità IVA con aliquota del 22%).

Nella differente ipotesi della clinica non convenzionata, si ritiene, invece, che il corrispettivo per le prestazioni di ricovero e cura sia esente da IVA (art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72) in misura pari al compenso corrisposto dalla struttura sanitaria al chirurgo estetico in regime di esenzione da IVA, mentre l’eccedenza del corrispettivo stesso (rispetto alla predetta quota esente) debba essere assoggettata a IVA, con l’aliquota del 10% (n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/72).

Ne deriva che, in assenza delle finalità curative di cui all’art. 4-quater del DL 145/2023, l’intero corrispettivo addebitato dalla struttura sanitaria non convenzionata ai pazienti ricoverati dovrebbe scontare l’IVA con l’aliquota del 10%; tale trattamento sarebbe, peraltro, applicabile anche nell’ipotesi in cui il chirurgo emetta la fattura direttamente nei confronti dei pazienti, e la struttura si limiti a fatturare ai pazienti stessi i c.d. “diritti di sala” e i farmaci utilizzati per l’intervento (cfr. risposta a interpello n. 211/2024).
Alla luce della variabilità delle fattispecie in concreto da gestire, ulteriori chiarimenti ministeriali in merito sarebbero auspicabili.

FONTE: Eutekne Info

Andrea BONINO e Massimo SEGRE

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