“All’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, al primo periodo, le parole: «1° gennaio …» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio … »” è stato uno dei leitmotiv delle leggi finanziarie degli ultimi 20 anni: con questa criptica formulazione il legislatore ha, ripetutamente, riaperto le disposizioni in tema di rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e dei terreni, consentendo la cessione di tali beni con una fiscalità di molto inferiore a quella standard, pur se negli ultimi anni si è assistito a un incremento significativo delle aliquote delle imposte sostitutive.

Né l’ultima legge di bilancio (L. 234/2021), né il DL “Milleproroghe” (DL 228/2021, in attesa di conversione di legge) hanno invece prorogato la misura, con la conseguenza inusuale per cui, nel 2022, stando alla normativa attuale le cessioni non beneficerebbero più di alcuna agevolazione, fatto ovviamente il caso delle cessioni di partecipazioni e di terreni per i quali la rideterminazione del costo o valore di acquisto era stata operata in annualità precedenti.

Per i soggetti non imprenditori, quindi, limitando l’analisi al regime dichiarativo (art. 5 del DLgs. 461/97) e alle partecipazioni non black list, le cessioni che interverranno nel 2022 saranno soggette a quella che si appalesa quale l’unica alternativa possibile, ovvero quella di assoggettare a tassazione con l’imposta sostitutiva del 26% la differenza tra il corrispettivo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Questo secondo termine, non potendo più essere sostituito dal valore di perizia (sempre fatto salvo il caso delle partecipazioni precedentemente rivalutate), deve quindi essere determinato secondo le ordinarie regole contenute nell’art. 68 comma 6 del TUIR, per cui in prima battuta si fa riferimento al prezzo corrisposto per l’acquisto o per la sottoscrizione delle azioni o quote, maggiorato dell’eventuale sovrapprezzo.

A questo primo “zoccolo” si aggiungono i versamenti effettuati a titolo patrimoniale, comunque denominati (versamenti in conto capitale, a fondo perduto, a copertura perdite), iscritti dalla società nel proprio patrimonio netto in quanto non caratterizzati da obblighi di restituzione; allo stesso modo, si aggiungono al costo anche le rinunce ai crediti operate dal socio, delle quali è naturalmente necessario conservare tutta la documentazione di rito.

Vi sono poi situazioni nelle quali la determinazione del costo o valore di acquisto non è immediata, ma può richiedere calcoli abbastanza laboriosi (ma importanti, poiché lo stesso art. 68 comma 6 del TUIR stabilisce che il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente).
Una prima situazione riguarda le partecipazioni acquisite a titolo gratuito, per le quali la situazione vede un ventaglio articolato di casistiche. Se le partecipazioni sono acquisite per donazione, si assume come costo quello del donante. Se, invece, le partecipazioni sono pervenute per successione, si assume quale costo quello dichiarato o definito ai fini dell’imposta sulle successioni, rappresentato in prima battuta dalla frazione del patrimonio netto contabile; per i titoli esenti da tale imposta (vi rientrano anche le – tante – partecipazioni per le quali l’erede si è impegnato alla continuazione dell’attività ai sensi dell’art. 3 comma 4-ter del DLgs. 346/90) il costo è invece quantificato in base al valore normale della partecipazione, e quindi nella frazione del patrimonio netto assunta, però, a valori effettivi.

Va poi prestata cura alle situazioni, anch’esse frequenti, in cui vi siano stati medio tempore uno o più aumenti, a pagamento o gratuiti, del capitale sociale. Per gli aumenti gratuiti, lo stesso art. 68 comma 6 del TUIR precisa che, in sostanza, rimane fermo il costo complessivo della partecipazione, il quale si ripartisce però su un numero maggiore di azioni, portando a un decremento del costo unitario della partecipazione (fatto da gestire con particolare cura all’atto della cessione solo parziale della quota).

Aumenti gratuiti o a pagamento con regole ad hoc

Più complessa è la gestione degli aumenti a pagamento, per i quali la norma tace.
L’inquadramento corretto dovrebbe essere quello per cui, se le nuove azioni sono sottoscritte a seguito dell’esercizio del diritto di opzione, esse si imputano allo “strato”, o agli “strati”, da cui il diritto deriva e il costo unitario di tali strati si individua, di conseguenza, ripartendo il costo complessivo (quello pagato in origine più l’aumento di capitale) sul nuovo numero di azioni (a differenza dell’aumento gratuito, il costo unitario si incrementa).

Da ultimo, non vanno dimenticate regole particolari per la quantificazione del costo delle partecipazioni che caratterizzano alcune situazioni specifiche: è il caso, ad esempio, delle azioni acquisite in qualità di redditi in natura, o delle azioni delle società per le quali si è beneficiato del c.d. “scudo fiscale”, per le quali è ammesso assumere quale costo, in mancanza della documentazione, il valore indicato nella dichiarazione riservata.

Fonte: Eutekne INFO

Gianluca ODETTO

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