Un tema poco affrontato dalla prassi e dalla giurisprudenza riguarda la precisa individuazione del dies a quo dei termini di notifica degli atti impositivi, sia per gli avvisi di accertamento che per le cartelle di pagamento.
La norma sembra molto chiara, ma talvolta è necessario effettuare alcune precisazioni.
Per effetto dell’art. 43 del DPR 600/73, l’avviso di accertamento va notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi.
In modo simile per quanto riguarda il dies a quo si esprime l’art. 25 del DPR 602/73, secondo cui la cartella di pagamento, sempre a pena di decadenza, va notificata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione per la liquidazione automatica, quarto anno se si tratta di controllo formale.
Il dies a quo è dunque ancorato all’anno in cui si presenta la dichiarazione, non al periodo di imposta oggetto della stessa.
Solo in casi sporadici il legislatore fa riferimento al periodo di imposta (si veda ad esempio l’art. 1 comma 158 della L. 197/2022, che in merito all’anno 2019 ha prorogato di un anno i termini di notifica delle cartelle di pagamento).
Il tema è diverso per la riapertura dei termini prevista dall’art. 1 comma 640 derivante dalla dichiarazione integrativa (che riguarda gli elementi rigenerati).
Si pensi al caso del modello REDDITI 2024, il cui termine di presentazione è scaduto il 31 ottobre 2024. Entro il 29 gennaio 2025 i contribuenti avrebbero potuto ravvedere sia la tardiva presentazione del modello, sia l’infedeltà dichiarativa, beneficiando della favorevole procedura indicata dalla circolare n. 42 del 2016.
Ove la dichiarazione sia stata presentata o ripresentata nel 2025, ci sono effetti sui termini, sia pure diversi. Precisamente:
– se il modello REDDITI 2024 è stato presentato tardivamente ma entro il 29 gennaio 2025, il termine di accertamento scadrà non il 31 dicembre 2029 ma il 31 dicembre 2030;
– se il modello REDDITI 2024 è stato presentato tardivamente ma entro il 31 dicembre 2024, il termine di accertamento scadrà il 31 dicembre 2029.
Lo stesso ragionamento vale per la liquidazione automatica e il controllo formale.
Questa è la naturale conseguenza del fatto che il termine di accertamento ha come dies a quo non l’anno di imposta ma l’anno in cui è stata presentata la dichiarazione.
La dichiarazione presentata nei 90 giorni non si considera omessa ai sensi dell’art. 2 comma 7 del DPR 322/98, per cui rimane applicabile l’ordinario termine dei cinque anni, e non quello maggiorato dei sette anni (C.T. Reg. Roma 10 marzo 2020 n. 1276/4/20).
Premesso ciò, in caso di omessa dichiarazione il dies a quo dei termini di accertamento è diverso, posto che ai sensi dell’art. 43 del DPR 600/73 l’accertamento va notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Quindi, tornando all’esempio del modello REDDITI 2024, la dichiarazione va presentata nel 2024 e il termine decade in ogni caso il 31 dicembre 2031, essendo irrilevante che la dichiarazione omessa sia presentata dopo il 29 gennaio 2025.
Il discorso è ancora diverso per la dichiarazione infedele sanata nei 90 giorni, oppure dopo.
Si tratta di dichiarazione presentata, quindi se è stato rispettato il termine di presentazione del 31 ottobre 2024 l’accertamento va notificato entro il 31 dicembre 2029.
Argomento mai esaminato in giurisprudenza
Se la dichiarazione infedele viene sanata, allora si rientra nell’art. 1 comma 640 della L. 190/2014 e si riaprono i termini di accertamento, ma con riferimento ai soli elementi rigenerati. Pertanto, in caso di ravvedimento sulla dichiarazione infedele effettuato prima o dopo il 29 gennaio 2015:
– il 31 dicembre 2029 scade il termine per accertare la dichiarazione;
– il 31 dicembre 2030 scade il termine per accertare i soli elementi che sono stati integrati, se l’integrativa è stata presentata nel 2025 (in sostanza per disconoscere il ravvedimento operoso, ad avviso degli uffici avvenuto su di una base imponibile sbagliata oppure pagando meno imposte del dovuto).
FONTE: Eutekne Info
Alfio CISSELLO