Lo scorso 30 novembre è scaduto il termine per aderire alla regolarizzazione delle cripto-attività che era stata introdotta dalla legge di bilancio 2023.
La sanatoria era destinata a coloro che non avevano indicato le cripto-attività nel quadro RW e rappresentava una buona opportunità per i contribuenti che avevano posto in essere violazioni dichiarative.

La regolarizzazione riguardava i periodi d’imposta dal 2016 al 2021, sia per le violazioni sul monitoraggio che per quelle reddituali. Le prime potevano essere sanate con una sanzione ridotta dello 0,5%, mentre quelle reddituali attraverso un’imposta sostitutiva del 3,5% sul valore delle cripto-attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta.
Secondo la circ. n. 30/2023 (§ 4), essa era ammessa anche nei casi in cui il contribuente avesse avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo (compreso, ad esempio, l’invio di un questionario).
Tuttavia, alcuni contribuenti non hanno valutato conveniente la sanatoria e si trovano ancora nella situazione di dover sanare eventuali violazioni commesse.

In primo luogo, si ricorda che gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse; fino al 2022, però, l’obbligo riguardava la compilazione del quadro RW per le sole cripto-valute e non per le cripto-attività in genere.
Adottando l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate fino all’approvazione della L. 197/2022 (che ha introdotto la disciplina organica dal 2023), il regime fiscale della cripto-valute detenute dai soggetti non imprenditori mutua quello delle valute estere.
Le cripto-valute dovevano essere indicate nel quadro RW a prescindere dal loro ammontare e si consideravano “estere” se il wallet non era detenuto da un intermediario residente oppure non si trovava “fisicamente” in Italia (risposta n. 437/2022 e circ. n. 30/2023).
Non era invece dovuta l’IVAFE (dal 2023 è stata istituita l’imposta sul valore delle cripto-attività).

Per le imposte sui redditi, poi, si applicava l’art. 67 comma 1 lett. c-ter) e comma 1-ter) del TUIR per cui:
– le cessioni a “termine” di tali attività rilevavano sempre fiscalmente;
– le cessioni a “pronti” rilevavano invece se la valuta ceduta era originata da prelievi da wallet (c.d. “cash out”), per i quali la giacenza media superava un controvalore di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.
La plusvalenza risultava soggetta all’imposta sostitutiva del 26% ex art. 68 del TUIR.

Per il quadro RW, il ravvedimento ex art. 13 del DLgs. 472/97 può essere posto in essere utilizzando come base di calcolo la sanzione minima del 3%.
Qualora si dovesse regolarizzare una dichiarazione infedele relativa al 2022 (naturalmente a oggi non sarebbe possibile sanare una dichiarazione omessa), entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno 2023 si applica la riduzione a 1/8 (0,375%).
Quindi, a fronte della detenzione all’estero di un bitcoin con un controvalore in euro di 100.000 (si guarda all’eventuale valore finale del quadro RW), la sanzione sarebbe di 375 euro.

Guardando ai contribuenti che possedevano una giacenza media superiore alla soglia di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, bisogna poi capire se eventuali redditi non dichiarati possano considerarsi di fonte estera. Infatti, in quest’ultimo caso la sanzione per infedele dichiarazione passa dal 90% al 120% in applicazione dell’incremento di un terzo ex comma 8 dell’art. 1 del DLgs. 471/97.
Sul punto, la circ. n. 30/2023 (§ 5) ha chiarito che il reddito si considera prodotto in Italia se le cripto-attività (rectius le chiavi che danno accesso alle stesse) sono detenute presso un prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale o di portafoglio digitale residente in Italia oppure sono oggetto di uno stabile rapporto con un intermediario finanziario residente o con una stabile organizzazione di un intermediario finanziario non residente.

Ancora, nei casi in cui le cripto-attività siano detenute “direttamente” dal soggetto tramite supporti di archiviazione (quali ad esempio chiavette USB) senza l’intervento degli intermediari o prestatori di servizi sopramenzionati, il reddito si considera prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trova nel territorio dello Stato. In tutti gli altri casi, il reddito si considera prodotto all’estero.

Ipotizzando un prelievo dal wallet “estero” che abbia originato una plusvalenza di 20.000 euro nel corso del 2022, quindi, risultava dovuta un’imposta sostitutiva di 5.200 euro (26% x 20.000). La sanzione piena sarebbe pari a 6.240 euro (5.200 x 120%), ma si può beneficiare del ravvedimento presentando una dichiarazione integrativa, versando l’imposta dovuta (maggiorata degli interessi) e pagando la sanzione ridotta ex art. 13 del DLgs. 472/97.
Se tali operazioni vengono effettuate entro la data di presentazione del modello REDDITI 2024, la sanzione ridotta sarà pari a 780 euro (6.240/8), ossia un ottavo del minimo edittale.

FONTE: Eutekne Info

Salvatore SANNA

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