Per l’efficacia della misura resta necessario il rilascio di un’autorizzazione del Consiglio Ue

L’art. 4 comma 3 del DL 124/2019, congiuntamente alle misure antievasive per le ritenute versate nell’ambito di appalti c.d. “labour intensive”, ha introdotto una nuova fattispecie di reverse charge (art. 17 comma 6 lett. a-quinquies) del DPR 633/72), con riferimento alle prestazioni di servizi effettuate:
– tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera;
– presso le sedi di attività del committente;
– con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili.

Il reverse charge appena descritto non è immediatamente efficace, a differenza di quanto avviene per le norme in materia di ritenute e compensazioni (stabilite dall’art. 4 comma 1 del DL 124/2019), le quali si applicano già dal 1° gennaio 2020. La norma in materia di reverse charge richiede, infatti, il rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, di una specifica autorizzazione (art. 395 della direttiva 2006/112/Ce). A commento della nuova disposizione, seppure applicabile solo previo benestare del Consiglio Ue, sono intervenute le Entrate nel corso del terzo Forum dei dottori commercialisti ed esperti contabili del 13 gennaio.

La prima conferma dell’Agenzia riguarda la necessità che l’attività presso la sede del committente sia effettuata utilizzando beni strumentali del committente stesso oppure, in qualche forma, a tale soggetto riconducibili. Pertanto, non si renderà applicabile il meccanismo del reverse charge ex art. 17 comma 6 lett. a-quinquies) del DPR 633/72 qualora il prestatore, dotato di una propria effettiva organizzazione imprenditoriale in termini di mezzi umani e tecnici, utilizzi beni strumentali che siano di proprietà del prestatore medesimo ovvero riconducibili a terzi non correlati in alcun modo con il committente.

Il secondo chiarimento riguarda l’ambito oggettivo della nuova disposizione, essendo precisato che le prestazioni di servizi che richiedono l’applicazione del reverse charge possono anche “essere espletate nell’ambito di funzioni strumentali all’oggetto dell’attività del committente”. A titolo esemplificativo, sono richiamate le prestazioni di servizi nell’ambito della logistica e del facchinaggio, anche qualora rese nei confronti di committenti operanti in diversi settori di attività (produzione o distribuzione, ad esempio).

Già la Relazione illustrativa al DL 124/2019 menzionava, quali settori interessati dalla nuova norma, quelli della logistica, dei servizi alle imprese nonché il settore alimentare e meccanico. Nessun chiarimento, sino ad oggi, è stato ancora reso in merito all’ambito di applicazione del nuovo reverse charge sul piano soggettivo.

La norma, dal punto di vista letterale, esclude le sole agenzie per il lavoro disciplinate dal DLgs. 276/2003. Quindi, potrebbe sussistere il dubbio che la disciplina possa coinvolgere anche gli esercenti arti o professioni. A ben vedere, tuttavia, se si prescinde dalla mera formulazione della lettera a-quinquies) dell’art. 17 comma 6, l’ambito soggettivo del nuovo reverse charge sembrerebbe risultare maggiormente circoscritto.

Innanzitutto, la Relazione illustrativa al DL 124/2019, dalla quale desumere la ratio della norma, afferma che la misura è finalizzata a contrastare gli omessi versamenti IVA unitamente al pagamento delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali o assistenziali sui redditi da lavoro dipendente, menzionando quei settori dove è ingente la presenza di debiti nei confronti dell’Erario e dell’INPS in ragione delle retribuzioni corrisposte. Inoltre, si fa riferimento ai casi in cui l’appaltatore è una società a responsabilità limitata o una società cooperativa oppure opera avvalendosi di una società consortile.

In virtù di queste osservazioni, si potrebbe ipotizzare di escludere dalla speciale disciplina (art. 17 comma 6 lett. a-quinquies) gli esercenti arti o professioni, la cui prestazione d’opera (anche qualora si avvalga di beni strumentali riconducibili al committente) è eseguita prevalentemente con lavoro proprio.

Infine, è da rammentare che, in sede di conversione in legge del DL 124/2019, la formulazione della norma in materia di ritenute (nuovo art. 17-bis del DLgs. 241/1997) è stata uniformata a quella in materia di reverse charge, inserendo la specificazione che, nell’ambito del contratto d’appalto, d’opera o assimilato, deve sussistere un “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma”.

Si tratta di un ulteriore elemento a supporto del fatto che le due disposizioni (in tema di ritenute e di reverse charge) sono state unitariamente concepite e che anche il perimetro applicativo di entrambe potrebbe essere, in buona misura, sovrapponibile.

D’altro canto, però, la norma in materia di ritenute fa esclusivo riferimento ai rapporti tra imprese, fissando un limite minimo di affidamento di opere o servizi pari a 200.000 euro, condizione che non è stata prevista in relazione al reverse charge.

Fonte: Eutekne info

Emanuele GRECO

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