La Cassazione, nella sentenza n. 7259/2020, ha stabilito che è configurabile il concorso tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000) e quello di auto-riciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.).
Si ricorda che, in esito all’introduzione della fattispecie di auto-riciclaggio, una parte della dottrina ha sottolineato come, di fronte alla impossibilità di individuare nel patrimonio dell’autore di un reato tributario l’utilità rappresentata dal risparmio d’imposta, l’unica condotta idonea a ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza illecita del bene non potrebbe che essere quella attraverso la quale l’agente cerca di sottrarre al Fisco l’equivalente dell’utilità rappresentata dal risparmio fiscale. Vi sarebbe, cioè, totale sovrapposizione tra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e la condotta di auto-riciclaggio, con la conseguenza che a trovare applicazione dovrebbe essere unicamente la prima fattispecie (speciale).
Tale impostazione, evidentemente, non è condivisa dalla Suprema Corte, secondo la quale il concorso tra le due fattispecie ben potrebbe sussistere anche se dal delitto presupposto non si generi altra ricchezza intesa come accrescimento del patrimonio.
Si osserva, in primo luogo, come il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte intenda evitare che il contribuente si sottragga al dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’Erario; beni che costituivano la intangibile garanzia patrimoniale generica dei creditori, prevista dall’art. 2740 c.c., secondo il quale “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.
Si ricorda, inoltre, come il profitto di tale reato sia da individuare non già nell’importo delle imposte non pagate – essendo quest’ultimo, semmai, il profitto delle diverse condotte di evasione, eventualmente commesse in precedenza e integranti illecito penale in presenza dei requisiti di legge – bensì nel valore del bene o dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisca per il recupero delle somme evase e oggetto delle condotte simulate/artificiose considerate dalla norma.
Al contempo, la fattispecie di autoriciclaggio punisce chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impieghi, sostituisca, trasferisca, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, denaro, beni o “altre utilità” provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
La locuzione “altre utilità”, già presente nel reato di riciclaggio e riproposta nella nuova fattispecie di autoriciclaggio, è talmente ampia che in esse devono farsi rientrare tutte quelle utilità che abbiano, per l’autore del reato presupposto, un valore economicamente apprezzabile. In esse devono farsi rientrare non solo quegli elementi che incrementano il patrimonio dell’agente, ma anche quelle attività fraudolente a seguito delle quali lo stesso impedisca che il proprio patrimonio s’impoverisca.
Il provento del reato presupposto dell’autoriciclaggio può consistere non solo in un incremento del patrimonio ma anche in un risparmio (ad esempio, l’omesso pagamento delle imposte dovute), in quanto, comunque, il patrimonio dell’agente ne riceve un vantaggio economicamente apprezzabile. Il dato giuridico fondamentale per la configurabilità del reato di auto-riciclaggio, allora, è che dal reato presupposto derivi, come effetto diretto della condotta criminosa, un vantaggio patrimoniale (sia in termini di incremento che di risparmio), economicamente apprezzabile e idoneo, quindi, a essere “riciclato” per evitare che sia riconducibile al reato presupposto (cfr. Cass. nn. 14101/2019, 47436/2014 e 6061/2012).
Portando, poi, tali rilievi sulla fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, quale reato presupposto dell’autoriciclaggio, si sottolinea come l’“utilità” derivante dalla sua commissione da considerare sia data dal risparmio di spesa, da concretizzare non guardandosi all’imposta evasa, ma al “valore” dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale generica; e rispetto a essa sarebbe, quindi, in astratto, configurabile il concorso con l’autoriciclaggio.
In concreto, peraltro, occorre considerare, da un lato, che evidentemente deve trattarsi di un concorso materiale e non formale fra i due reati, in quanto l’attività di impiego, sostituzione o trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative presuppone la pregressa commissione del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, dall’altro, che la condotta del reato di autoriciclaggio può avere un autonomo rilievo solo nel momento in cui sia connotata da nuove e autentiche modalità decettive atte a ostacolare la rintracciabilità dal delitto presupposto (cfr. Cass. n. 1203/2020).
Precisazioni che, tuttavia, appaiono comunque problematiche alla luce della configurabilità della sottrazione fraudolenta come reato eventualmente “permanente” (cfr. Cass. nn. 29243/2017 e 46833/2012).
Fonte: Eutekne INFO
Maurizio MEOLI