Dopo qualche giorno di relativa calma, il concordato preventivo biennale torna a far parlare di sé per effetto, da un lato, della riapertura dei termini per l’adesione e, dall’altro lato, delle novità che potrebbero essere introdotte in sede di conversione in legge del DL 155/2024 collegato alla legge di bilancio 2025, riguardanti, in particolare, gli effetti sul CPB delle modifiche alla compagine sociale.

La causa di esclusione relativa a tale evento è stata introdotta all’art. 11 del DLgs. 13/2024 dal DLgs. 108/2024; la versione attualmente in vigore impedisce l’applicazione del concordato preventivo biennale nel caso in cui nel primo anno cui si riferisce la proposta di CPB la società o l’associazione di cui all’art. 5 del TUIR “è interessata da modifiche della compagine sociale”.

Per effetto di quanto previsto dall’art. 21 del DLgs. 13/2024, inoltre, le citate modifiche alla compagine sociale che si verificano nel secondo anno di vigenza del concordato preventivo biennale ne causano la cessazione.
La lapidaria formulazione delle citate disposizioni ha portato fin da subito a interrogarsi sull’effettiva portata delle stesse; l’Agenzia delle Entrate, inizialmente con la circolare n. 18/2024, e successivamente con diverse risposte a FAQ, ha cercato di fissarne il perimetro di applicazione, chiarendo, in linea generale, che la ratio della causa di esclusione/cessazione risiede nell’esigenza di evitare distorsioni nel meccanismo applicativo dell’istituto e di garantire che, tra il momento in cui è definita la proposta e le annualità in cui la proposta trova applicazione, non intervengano significative modifiche alla soggettività del contribuente che ha aderito al CPB.

L’Amministrazione finanziaria ha inoltre chiarito che:
– l’espressione “modifiche della compagine sociale” è riferita alle operazioni che realizzano l’entrata o l’uscita di uno o più soci; non rileva, invece, l’eventuale modifica della ripartizione delle quote di partecipazione all’interno della medesima compagine sociale (circ. n. 18/2024, § 2.4.4):
– la causa di esclusione/cessazione non opera per le società di capitali che optano per il regime di trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR (FAQ 17 ottobre 2024);
– le ipotesi di recesso e di esclusione del socio/associato dalle società o dalle associazioni ex art. 5 del TUIR sono idonee a integrare la causa di esclusione/cessazione (FAQ 17 ottobre 2024);
– la modifica della compagine sociale non determina l’esclusione dal CPB quando interessa l’impresa familiare, non trattandosi di soggetto avente natura collettiva (FAQ 8 ottobre 2024);
– il decesso del socio o dell’associato non dà luogo a un’ipotesi di cessazione dal CPB (FAQ 25 ottobre 2024).

Alcuni dei chiarimenti sopra citati saranno superati, nel caso in cui l’emendamento al DL 155/2024 depositato dai Relatori dovesse entrare in vigore; la modifica proposta, infatti, restringerebbe l’applicazione della causa di esclusione/cessazione ai soli casi di aumento del numero dei soci o degli associati, rendendo a tal fine irrilevanti le modifiche della compagine sociale che determinano una diminuzione del numero dei soci o associati o che lasciano invariato tale numero.

Le modifiche introdotte dall’emendamento potrebbero avere quindi effetti, anche rilevanti, sulle società o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR che hanno aderito al concordato preventivo biennale 2024-2025; il recesso del socio o dell’associato nel 2025 non costituirebbe più una causa di cessazione del CPB, che rimarrebbe quindi pienamente efficace.
Il primo, immediato effetto di tale novità è che la società o associazione sarà in ogni caso tenuta a dichiarare per il 2025 il reddito concordato, che poi dovrà essere ripartito tra i soci o associati rimanenti; la mancata cessazione del CPB avrà effetti tanto più negativi per i membri “superstiti” quanto più rilevante era la partecipazione del soggetto che abbandona la compagine sociale.

Non si può fare a meno di notare, inoltre, che la descritta novità verrebbe introdotta dopo la scadenza del termine per aderire al CPB e che la riapertura dei termini fino al prossimo 12 dicembre riguarda solo i soggetti che non hanno aderito entro il 31 ottobre; in altre parole, i contribuenti che hanno già aderito al concordato preventivo biennale non possono revocare l’applicazione di tale istituto, che quindi rimane vigente salvo ipotesi di cessazione, decadenza o circostanze eccezionali.

Sarebbe quindi opportuno prevedere, quantomeno, una possibilità di uscita dal CPB per i soggetti che hanno aderito entro il 31 ottobre, sulla base della normativa a suo tempo vigente; in caso contrario, verrebbe leso l’affidamento di quei contribuenti che, legittimamente, avevano deciso di entrare in concordato sentendosi al riparo da eventuali effetti negativi derivanti dalla diminuzione della compagine sociale, evenienza che fino ad oggi avrebbe provocato la cessazione del CPB.

FONTE: Eutekne Info

Alberto GIRINELLI e Paola RIVETTI

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