Permangono anche nella campagna bilanci in corso le incertezze sugli schemi di Stato patrimoniale e di Conto economico e, pur se in misura minore, sui criteri di valutazione, per le holding di partecipazione.

La problematica si origina dalla formulazione dell’art. 2435-ter comma 5 del codice civile, introdotto alla fine del 2021, il quale esclude gli enti di investimento e le imprese di partecipazione finanziaria da una serie di semplificazioni (in primis quelle previste per le micro imprese) e impone a tali imprese la redazione del bilancio (almeno) in forma abbreviata, con l’ulteriore obbligo di predisposizione in ogni caso della Relazione sulla gestione, anche se non sono superati i limiti dimensionali per le micro imprese.

La norma in questione ha trasposto nell’ordinamento italiano il principio contenuto nell’art. 36 paragrafo 7 della direttiva 2013/34/Ue; alla stessa direttiva, e in particolare all’art. 2 n. 14 e 15, occorre rifarsi per delineare le nozioni di enti di investimento e di imprese di partecipazione finanziaria.

Per quanto riguarda la prima, vi ricadono in sostanza le imprese il cui unico oggetto è l’investimento in valori mobiliariimmobiliari e altre attività nell’interesse degli investitori.
Si tratterebbe, secondo le poche elaborazioni dottrinali in materia, di una nozione non confinata al mondo dei gruppi finanziari: secondo la circolare Assoholding n. 1/2022 (§ 4.1), infatti, avrebbero natura di enti di investimento le società di gestione dei portafogli finanziari, ovvero quelle società che, una volta ceduti asset significativi come partecipazioni di controllo, aziende, immobili, ecc., gestiscono la liquidità ricevuta; il punto non sembra però definito al 100%, posto che queste società operano nel proprio interesse e senza mandato da parte di terzi. Tali società, peraltro, secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate (risposte a interpello nn. 266/2021 e 363/2021), non rientrerebbero tra quelle di partecipazione a norma dell’art. 162-bis del TUIR. 

Per quanto riguarda invece la nozione di imprese di partecipazione finanziaria, la definizione della direttiva pone tre criteri:
– l’oggetto, che deve essere unicamente quello dell’acquisizione di partecipazioni in altre imprese, nonché della gestione e valorizzazione di tali partecipazioni,
– le modalità di svolgimento dell’attività, che non deve presentare coinvolgimenti diretti o indiretti nella gestione delle partecipate;
– il fatto che l’attività sia prestata senza pregiudizio per i diritti che l’impresa di partecipazione possiede in qualità di azionista.

Per quanto riguarda il primo aspetto, la circolare Assoholding n. 1/2022 (§ 4.3) aveva posto un discrimine tra holding statiche (le quali rientrerebbero, soddisfatte le altre due condizioni, tra le imprese di partecipazione finanziaria) e holding che, invece, non si limitano alla detenzione di partecipazioni, ma forniscono servizi alle partecipate, le quali fuoriescono da questa nozione, potendo conseguentemente accedere alle semplificazioni per le micro imprese.
Accederebbero, a maggior ragione, alle semplificazioni le holding miste, le quali affiancano all’attività di gestione delle partecipazioni attività di natura diversa (ad esempio, immobiliare).

Nella incertezza che regola la materia, a quanto consta più holding di partecipazione optano per un bilancio almeno abbreviato. Il punto era stato a suo tempo analizzato dalla richiamata circolare Assoholding n. 1/2022 (§ 4.4), secondo la quale sarebbe opportuno, ove si sia prescelto per errore uno schema di bilancio “inferiore”, modificare lo stesso con convocazione di un’assemblea totalitaria e voto favorevole di tutti i soci, al fine di evitare impugnazioni legate al difetto di chiarezza del bilancio stesso (il punto, in realtà, non è chiarissimo, menzionandosi il difetto di informazioni di un bilancio abbreviato rispetto a uno ordinario, quando probabilmente rischi molto maggiori presenta un bilancio presentato con le semplificazioni ex art. 2435-ter del codice civile ove questa scelta possa essere contestata, e ciò non solo dai soci, ma potenzialmente anche da un investitore che vi abbia interesse).

Un ultimo tema è quello fiscale, da valutare alla luce della riformulazione dell’art. 83 comma 1 del TUIR che, dal 2022, ha in sostanza esteso la derivazione rafforzata alle micro imprese che optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria.
Riprendendo la distinzione di cui sopra, ne conseguirebbe che le holding “imprese di partecipazione finanziaria”, dovendo redigere il bilancio almeno in forma abbreviata, rientrerebbero in modo naturale tra le imprese che adottano tale modalità di determinazione del reddito, con conseguenze dirette, ad esempio, sulla fiscalità delle operazioni sulle azioni proprie, dei finanziamenti erogati ai soci, ecc..

Ad avviso della circolare Assonime n. 31/2022 (§ 1), tuttavia, la derivazione rafforzata del reddito dal risultato di bilancio dovrebbe essere possibile anche per le holding che, potendo accedere alle semplificazioni per le micro imprese, vi rinunciano, redigendo però non il bilancio ordinario, ma quello abbreviato.
Il tema rimane, però, incerto, e la stessa associazione aveva sollecitato un intervento dell’Amministrazione finanziaria in tema, a quanto risulta mai pervenuto.

FONTE: Eutekne Info

Gianluca ODETTO

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