A più di un mese dall’entrata in vigore dell’operatività del Registro dei titolari effettivi e con l’avvicinarsi del termine ultimo (il prossimo 11 dicembre) per l’invio della prima comunicazione, si stanno intensificando le richieste di chiarimenti ai dubbi che emergono in sede di declinazione pratica dell’obbligo, con particolare riguardo all’individuazione del soggetto (o dei soggetti) a cui è attribuibile la titolarità effettiva.
In tale ambito da più parti si percepisce la tendenza a indicare in ogni caso come titolare effettivo il rappresentante legale della società. Se tale approccio appare corretto nel caso di applicazione del criterio residuale, qualora non si possa addivenire all’individuazione della titolarità effettiva con i metodi della proprietà e del controllo, in altre circostanze può risultare un’erronea interpretazione della norma di riferimento che prevede una rigida gerarchia dei criteri da adottare (art. 20 del DLgs. 231/2007).
Tale impostazione risulta supportata dall’obbligo previsto dall’art. 20 comma 6 del DLgs. 231/2007 di mantenere evidenza delle ragioni che non hanno consentito di individuare il titolare effettivo applicando i criteri relativi al controllo o alla proprietà ed è stata ribadita anche nelle Linee guida CNDCEC, dove si sottolinea come le modalità con cui si deve provvedere all’individuazione del titolare effettivo siano “scalari, e non alternative nel senso che si dovrà iniziare utilizzando i criteri di cui al comma 2, dell’art. 20 (proprietà o titolarità diretta o indiretta di partecipazioni superiori al 25% delle partecipazioni in capo ad una o più persone fisiche), per poi passare a quelli del comma 3 (controllo o influenza dominante dei voti in assemblea) e se non si riesce ad individuare il titolare effettivo con nessuna delle modalità dianzi evidenziate si dovrà procedere con le regole di cui al comma 5 (persone fisiche dotate dei poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica)”.
Sulla necessità di applicare i metodi con le suddette regole si è espresso anche il Consiglio nazionale del notariato nello Studio n. 1-2023/B.
La natura residuale dell’ultimo criterio deve essere tenuta in considerazione anche in presenza di società sottoposte a catene di controllo. Si ipotizzi, ad esempio, la fattispecie in cui:
– la società Alfa sia controllata con quote paritetiche (50%) dalle società Beta e Gamma;
– la società Beta sia detenuta al 100% da una persona fisica (Tizio) mentre la società Gamma sia caratterizzata da un azionariato diffuso dove nessun socio supera la soglia del 25% e non vi siano le condizioni per individuare una situazione di controllo o di influenza dominante da parte di una o più persone fisiche.
In tale situazione appare corretto ritenere Tizio come il titolare effettivo sia di Alfa che di Beta (con il metodo della proprietà, rispettivamente, indiretta e diretta), mentre per individuare la titolarità effettiva di Gamma sarà necessario applicare il criterio residuale.
Più di un dubbio sorge in tutti quei casi in cui, nonostante l’applicazione del metodo della proprietà consenta di evidenziare uno o più titolari effettivi, esistono altre persone fisiche individuabili attraverso il metodo del controllo, ad esempio perché sono in grado di esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria grazie all’attribuzione di un voto multiplo, oppure attraverso un patto parasociale (sindacato di voto).
L’individuazione dei proprietari in alcuni casi può non essere soddisfacente
In questi casi, limitarsi all’individuazione dei proprietari di una percentuale significativa del capitale sociale, se da un punto di vista formale appare un modus operandi rispettoso del metodo scalare, sotto l’aspetto sostanziale non sembra risultare del tutto soddisfacente rispetto alla necessità di individuare il soggetto o i soggetti a cui in “ultima istanza” è riconducibile il controllo di un ente.
Continuando con gli esempi, nell’ipotesi di società di capitali Alfa in cui il 60% del capitale sociale sia detenuto da un ente con compagine societaria diffusa (ad esempio una cooperativa) e il restante 40% da una persona fisica, il dubbio ricorrente riguarda la scelta tra le seguenti alternative:
– individuare quale titolare effettivo esclusivamente la persona fisica che, in applicazione del criterio della proprietà diretta, detiene una percentuale significativa del capitale sociale, posto che in relazione al restante 60% non è applicabile il criterio della proprietà o del controllo e visto anche quanto indicato nelle istruzioni messe a disposizione da Unioncamere, nelle quali è chiarito che qualora almeno uno dei titolari effettivi dichiarati utilizzi il requisito “TRA – titolare poteri di rappresentanza, amministrazione o direzione” possono essere indicati nella comunicazione, complessivamente, solo titolari effettivi con lo stesso codice-requisito;
– utilizzare il criterio residuale, individuando quali titolari effettivi le persone fisiche con poteri di rappresentanza legale della società Alfa, inclusa la persona fisica socia che è anche uno dei rappresentanti legali (in tal caso, peraltro, il sistema evidenzia una anomalia, perché riconosce la persona fisica quale titolare effettivo in base al criterio della proprietà).
Anche in tal caso, l’applicazione rigorosa del metodo scalare porterebbe ad individuare il titolare effettivo in base al criterio della proprietà diretta, con esclusione delle altre modalità.
In tale direzione sembrerebbero condurre anche le istruzioni di Unioncamere.
Fonte: Eutekne INFO
Stefano DE ROSA e Annalisa DE VIVO